"I BARCASSANTI": storia della Rimorchiatori Riuniti di Genova
A cura di Pietro Berti
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LA SOCIETÀ
A Genova, verso la fine dell'800, un certo Balbi, detto Baciccia, dall'alto del quartiere di Castelletto scrutava ogni giorno il mare con un vecchio cannocchiale di marina per avvistare i velieri e le navi in arrivo e darne avviso alla flotta delle barcacce, ossia i rimorchiatori portuali, affinché si apprestassero a correr loro incontro per rimorchiarle all'ormeggio.
Barcaccia, per chi non lo sapesse, non è in fondo una parola dispregiativa come usiamo adesso, ma è presa dal modo di parlare dei tempi della vela, quando per rimorchiare il veliero all'ormeggio si adoperava la maggiore imbarcazione di bordo, detta appunto barcaccia, o le consimili barche portuali a remi destinate a quest'uso nello specchio acqueo portuale. Conseguentemente, gli equipaggi di queste barche vennero definiti barcassanti o barcaccianti, nome che si estese agli uomini dei rimorchiatori genovesi, e usato fino a non molti anni fa.
Ma ritorniamo al racconto.
Se pensiamo che allora i rimorchiatori portuali appartenevano a diversi armatori in concorrenza fra loro, è facile immaginarli impegnati in dure regate su un lungo tratto di mare aperto, quali che ne siano le condizioni, per giungere primi sottobordo alle navi a offrire il servizio di rimorchio.
Queste gare provocavano però, inevitabilmente, incidenti, speronamenti tra le barcacce e non poche risse tra gli uomini che si contendevano il diritto di rimorchio.
Tutto ciò era incompatibile con un buon andamento dell'attività portuale, e fu anche per porre fine a tanti litigi che alcuni armatori di barcacce si riunirono per decidere una volta per tutte sul da farsi. Fu così che, nel 1902, fondarono la Società dei Rimorchiatori Genovesi, che riunì diversi armatori locali sotto un unico distintivo armatoriale, ossia le lettere S e R sovrapposte in bianco sul nero della ciminiera delle barche sociali. Con questo atto inizia ufficialmente la storia della società dei Rimorchiatori Riuniti, che nel 2002 compì i suoi cent'anni di vita operosa, ed invero anche gloriosa.
La Rimorchiatori Genovesi acquisisce sempre più il controllo dei traffici portuali di rimorchio e salvataggio per tutti quei settori di attività che non dispongono di rimorchiatori propri, mentre le altre ditte, che in genere gestiscono la movimentazione di chiatte e pontoni, continuano a farne logicamente uso, senza però invadere il settore di competenza della nuova società che, anno dopo anno, aumenta la propria flotta sociale passando dai primi tre rimorchiatori del 1902 agli undici armati nel 1910.
Come si vede, i barcaccianti riuniti si sono rafforzati e la nuova società non solo organizza l'invio dei rimorchiatori alle navi in arrivo, ma migliora notevolmente anche le attività di soccorso in mare e di rimorchio d'altura, acquistando per questa branca di attività dei grossi rimorchiatori tra cui il “Britannia”, per l'epoca un vero gigante.
Non sarà neppur raro vedere il simbolo della Rimorchiatori Genovesi sulle barcacce che si recano a dare assistenza ai vari nei cantieri di Sestri Ponente, della Foce, o di Riva Trigoso, per non dire di diversi altri sparsi per il circondario. E quando per qualche strano verso le navi si bloccavano sullo scalo erano loro a dare lo strattone che le avrebbe liberate.
Ben quattro rimorchiatori sociali furono impegnati a Riva Trigoso per liberare il piroscafo da carico “Sestri”; mentre per il varo del piroscafo passeggeri “Cesare Battisti”, a Sestri Ponente, il tiro del rimorchiatore d'alto mare “Italia” e di un vapore da carico non bastarono, e fu chiamato un secondo vapore, col quale si riuscì finalmente a scagliare la nave dallo scalo.
Nel 1922, la crescita della società, che arma oltre una decina di barche e conta sulla richiesta di nuove adesioni, suggerisce ad Angelo Pescetto, uno dei soci del tempo, una risistemazione dell'assetto sociale: nasce così la Rimorchiatori Riuniti, che sostituisce il vecchio monogramma del distintivo sociale con quello formato da due R sovrapposte.
La nuova società ha in previsione l'ingrandimento e il rinnovamento della flotta; a tale scopo, acquista dei nuovi rimorchiatori con scafo in ferro e, tenendo conto dello sviluppo della navigazione che porta alla costruzione di navi a vapore di maggiori dimensioni, affianca ai rimorchiatori minori delle barche più grandi ed efficienti, con grande potenza dell'apparato motore.
Raccontano i vecchi barcaccianti che intorno al 1928-1930, proprio in previsione dei vari del “Rex” e del “Conte di Savoia”, furono ordinati ai cantieri di Ancona i quattro rimorchiatori, “Audax”, “Tenax”, “Vortice” e “Turbine”, che, tenendo conto dei due persi nel corso della seconda guerra mondiale, operarono ancora in modo encomiabile nella successiva ripresa post bellica. Vi è anche da rimarcare che questi rimorchiatori formavano una classe, ossia erano stati costruiti su un modello unico di base, in modo da ottenere diverse economie e sicurezze nella loro gestione, grazie anche all'intercambiabilità delle parti, e permettendo agli equipaggi di operare senza problemi sull'una o sull'altra barca.
Nel 1932-33 il Registro Italiano Navale segnala una flotta di 17 rimorchiatori sociali, tra cui i due d'alto mare (“Italia” e “Pluto”) e i quattro succitati; mentre nel 1941, all'inizio della guerra, il numero scende a 14 unità.
Durante la guerra parecchi rimorchiatori vengono requisiti dalla Regia Marina per adibirli a compiti di circostanza tra cui il dragaggio delle mine.
Il volume "Navi mercantili perdute", pubblicato dall'Ufficio Storico della Marina, ci segnala che ben undici delle barcacce sociali furono in diverso modo danneggiate o affondate, e tra queste furono perse definitivamente l'”Audax”, il “Tenax”, e il “Tripoli”.
Nel 1947 il numero delle unità presenti è sceso a 11, ma la ripresa è veloce e nel 1951 si contano almeno 21 barche, tra le quali alcune appena varate. In questo stesso periodo, a partire dal 1948 col varo dei nuovi “Britannia” e “Liguria”, si introducono i propulsori diesel, meno ingombranti e più manovrabili, a parità di potenza, rispetto a quelli a vapore.
Nel 1959, alla vigilia di nuovi fermenti che portano alla fondazione di un gruppo associato, la flotta sociale è composta da 27 unità, di queste 14 sono a motore diesel, fermo restando che anche quelle a vapore sono in massima parte di costruzione recente. Queste barche rispondono ai nomi di “Algeria”, “Ancona”, “Belgio”, “Bengasi”, “Brasile”, “Britannia”, “Canada”, “Columbia”, “Cile”, “Dalmazia”, “Danimarca”, “Derna”, “Finlandia”, “Forte”, “Francia”, “Iberia”, “Istria”, “Libano”, “Messico”, “Norvegia”, “Olanda”, “Vortice”, “Grecia”, “Turchia“, “Svezia”, “Perù” e “Bormida”, che molto spesso ripetono i nomi di barche già possedute e vendute o demolite da tempo.